Gli inibitori della Janus chinasi (JAK) sono farmaci a piccola molecola che sono in grado di inibire il signaling (via di segnalazione) cellulare mediato dalle citochine in cellule bersaglio inibendo JAK-1, JAK-2 e/o i sottotipi JAK-3.
Esiste un interesse crescente nel potenziale utilizzo di questi farmaci per l’alopecia areata (AA), la vitiligine e la dermatite atopica (DA). Le citochine coinvolte in ognuna di queste patologie sono diverse; tuttavia, in tutte e tre gli effetti del legame delle citochine sono mediati attraverso la via della JAK, il che fornisce un razionale per l’inibizione JAK.
All’AAD 217, nella sua presentazione, Brett Andrew King, assistant professor of Dermatology alla Yale School of Medicine, New Haven, Connecticut, USA, ha descritto le sue esperienze nell’utilizzo degli inibitori JAK in queste malattie, come pure la ricerca a sostegno.
Sebbene vi siano molti inibitori JAK in valutazione, ha detto King, due sono quelli al momento approvati e presenti sul mercato: tofacitinib, che mette a bersaglio JAK-1 e JAK-3, che è approvato per l’artrite reumatoide da moderata a grave, e ruxolitinib, un farmaco strutturalmente simile che mette a bersaglio JAK-1 e JAK-2 ed è approvato per la mielofibrosi e per la policitemia.
King ha analizzato anzitutto l’alopecia areata (AA), una condizione che colpisce dall’1 al 2% della popolazione e che ha un effetto marcato sulla qualità della vita collegata con la salute (health-related quality-of-life, HRQoL), con tassi elevati di disordine d’ansia generalizzata concomitante e depressione maggiore.
I modelli attuali di AA suggeriscono un ruolo preminente per la citochina IL-15, che può essere secreta dai follicoli dei capelli. IL-15 attiva le cellule T attraverso JAK-1 e JAK-3, promuovendo la secrezione di interferone-gamma (IFN-g). L’IFN-g lega poi il follicolo del capello attraverso JAK-1 e JAK-2, promuovendo l’ulteriore secrezione di IL-15. Con JAK-1 e JAK-3 che giocano un ruolo a livello della cellula T e con JAK-1 e JAK-2 attivi a livello del follicolo del capello, ci sono due potenziali meccanismi per interrompere la patogenesi di AA attraverso l’inibizione JAK.
Con questi meccanismi in mente, King ha trattato un paziente nella sua terza decade d’età con areata universalis (AU) e psoriasi a placche con tofacitinib 5 mg due volte al dì. A 8 mesi, il paziente, che era stato totalmente calvo per 7 anni, ha avuto una ricrescita completa dei capelli e anche una ricrescita delle ciglia e delle sopracciglia. Ricercatori della Columbia University (USA) hanno riportato risultati simili utilizzando ruxolitinib in un modello murino di alopecia e un singolo essere umano.
Questi risultati hanno spinto King a Yale e i suoi colleghi a Stanford a valutare l’efficacia e la sicurezza di tofacitinib in pazienti con AA grave, alopecia totalis (AT) e AU in uno studio open label. Tutti i pazienti avevano >50% perdita dei capelli per ≥6 mesi senza evidenza di ricrescita, e pertanto era improbabile che potessero avere un effetto placebo. I pazienti hanno ricevuto tofacitinib 5 mg due volte al dì per 3 mesi. La risposta al trattamento è stata misurata valutando la modificazione percentuale nella perdita dei capelli utilizzando il Severity of Alopecia Tool (SALT, strumento di gravità dell’alopecia). Al basale, la grande maggioranza dei pazienti (71%) avevano AU. A 3 mesi, circa un terzo dei pazienti aveva una ricrescita dei capelli >50%, un altro terzo fra il 5 e il 50% e circa un terzo erano non responder. Gli effetti collaterali riportati erano relativamente lievi, includendo acne e incremento ponderale.
I limiti di questo studio comprendono la mancanza di controllo con il placebo, l’elevata proporzione di pazienti con malattia grave di lunga durata e la durata relativamente breve della terapia.
I risultati con ruxolitinib pubblicati circa nello stesso periodo hanno registrato rilievi simili, con una risposta del 75% a 4-6 mesi.
Sulla base dei suoi rilievi iniziali, King ha detto di iniziare il trattamento dei pazienti con monoterapia con tofacitinib 5 mg due volte al dì per 10-12 settimane. Se la crescita dei capelli si verifica in quel periodo, il trattamento viene continuato alla stessa dose, e la risposta viene valutata nuovamente dopo altre 10-12 settimane. Se la crescita dei capelli non si è verificata al momento temporale delle 10-12 settimane, la dose può essere aumentata, o può essere aggiunto prednisone pulsato. Un’analisi dei suoi pazienti trattati con tofacitinib suggerisce che è probabile che i pazienti che sono completamente calvi per 11 anni non rispondano. Risultati promettenti sono stati riportati anche con adolescenti di età compresa tra 12 e 17 anni con AA, e in pazienti con grave distrofia ungueale associata con AA in pazienti che ricevono tofacitinib orale. Si sta studiando anche l’uso topico di inibitori JAK nell’AA.
La vitiligine colpisce circa l’1% della popolazione e, come l’AA, ha un effetto negativo significativo sulla qualità della vita dei pazienti, ha ricordato King. Le opzioni di trattamento attuali sono soltanto moderatamente efficaci. Perché considerare gli inibitori JAK per la vitiligine? Si pensa che JAK-1 e JAK-2 giochino un ruolo importante nelle cellule della pelle nel mediare gli effetti stimolatori dell’IFN-g sui cheratinociti, portando alla fine all’espressione e alla secrezione di CXCL10 e al reclutamento di cellule T nella pelle. Questo fornisce un razionale teorico per l’inibizione JAK nella vitiligine.
Uno studio su tofacitinib 5 mg una volta al dì per 5 mesi in un paziente con vitiligine generalizzata ha ottenuto una re-pigmentazione completa o quasi completa del volto e delle mani. Risultati simili sono stati riportati in un paziente con AA e vitiligine concomitante che ha ricevuto ruxolitinib. Ci sono ancora molti punti oscuri relativamente all’inibizione JAK nella vitiligine, come la relazione tra la durata della malattia e la risposta e se mettere a bersaglio JAK-1/JAK-2 o JAK-1/JAK-3.
Infine, ha detto King, l’inibizione JAK può avere un ruolo futuro nella gestione della DA. Modelli recenti sostengono l’importanza delle citochine come le interleuchine IL-4 e IL-13 nella patogenesi di DA, con signaling intracellulare che si verifica attraverso la via JAK. Sulla base di questo modello, King e collaboratori hanno studiato l’utilizzo di tofacitinib 5 mg due volte al dì in 6 pazienti con DA da moderata a grave che non avevano risposto adeguatamente a classi molteplici di farmaci. Tofacitinib è risultato associato con riduzioni significative del prurito, della perdita di sonno e di punteggi compositi come valutati dallo SCORing Atopic Dermatitis (SCORAD, punteggio della dermatite atopica).