Anche dopo che i pazienti con melanoma maligno vengono riferiti per la terapia sistemica, i dermatologi continuano a giocare un ruolo essenziale nella loro gestione monitorando e gestendo gli eventi avversi (EA) cutanei associati con terapie e immunoterapie mirate.
All’AAD 2017, Bernice Y. Kwong, clinical associate professor of dermatology presso la Stanford University, California, USA, ha passato in rassegna le tipologie di EA cutanei associati con queste terapie di frontiera (cutting-edge), e come i dermatologi possano fornire assistenza di supporto ai pazienti con melanoma.
Gli inibitori BRAF e gli inibitori MEK sono terapie a bersaglio utilizzate nella gestione del melanoma. Mentre tutti i tipi di agente possono essere associati con EA cutanei, quando utilizzati insieme, la tossicità cutanea può di fatto essere ridotta confrontando ogni agente da solo. EA cutanei associati con gli inibitori BRAF comprendono le eruzioni faciali ipercheratosiche o cistiche, incluse le reazioni cutanee mani-piedi ipercheratosiche dolorose. Anche la cheratosi verrucosa collegata con gli inibitori BRAF, i carcinomi squamocellulari (squamous cell carcinoma, SCC) cutanei eruttivi e i cheratoacantomi sono stati riportati sia con dabrafenib (6-11%) che con vemurafenib (4-31%).
Prima che un paziente inizi la terapia con un inibitore BRAF, ha detto Kwong, è raccomandato un controllo cutaneo completo al basale, che includa un trattamento di qualsiasi danno attinico di fondo. Dopo di ciò, la pelle dovrebbe essere controllata ogni 4 settimane. Quando colti precocemente, la maggioranza degli EA cutanei BRAF-associati sono spesso molto responsivi alla crioterapia; altre opzioni di trattamento comprendono i cheratolitici, i retinoidi topici e la crema al 5-fluorouracile (5-FU) topico. In caso di SCC invasivo, può essere appropriato un intervento chirurgico conservativo o anche un approccio di vigile attesa. I pazienti possono anche avere un miglioramento successivo all’aggiunta di un inibitore MEK, o una risoluzione dopo passaggio a un’altra terapia.
Ai pazienti dovrebbe essere fornita consulenza affinché evitino il sole e utilizzino una protezione solare ad ampio spettro per evitare la fototossicità UVA-mediata, ha ricodato Kwong. A causa del potenziale per gli effetti ipercheratosici con la terapia BRAF, i pazienti con callosità (tiloma) o cheratosi al basale dovrebbero essere gestiti profilatticamente per evitare il peggioramento delle lesioni cutanee.
Nel corso della terapia, eruzioni KP-simili sintomatiche possono essere trattate con emollienti topici o corticosteroidi topici, e le eruzioni cistiche dolorose possono essere gestite con estrazioni o retinoidi topici.
Altre potenziali preoccupazioni con la terapia con inibitori BRAF sono lo sviluppo di dermatite da radiazioni in pazienti che ricevono terapia radiante in aggiunta ad un inibitore BRAF, o che hanno ricevuto in precedenza terapia radiante. I clinici dovrebbero anche essere vigili e attenti all’eventuale sviluppo di melanomi secondari o altri cancri cutanei con l’inibizione BRAF.
L’EA cutaneo più comune in pazienti che ricevono un inibitore MEK da solo è lo sviluppo di eruzione papulopustolosa/acneiforme, che colpisce circa il 52-93% dei pazienti. Questa può essere gestita utilizzando antibiotici topici o sistemici per i loro effetti antimicrobici e antiinfiammatori, e corticosteroidi topici per trattare il prurito. Possono essere utili anche bagni di candeggina diluita per trattare l’eruzione acneiforme.
Man mano che l’utilizzo di immunoterapie per il melanoma aumenta, aumentano anche i resoconti relativi ad AEEAs immuno-mediati, che più spesso colpiscono la pelle e il tratto gastrointestinale, ha detto Kwong. E’ importante notare che gli effetti dermatologici tendono a manifestarsi più precocemente e possono anticipare lo sviluppo di EA immuno-collegati in altri organi.
L’anticorpo monoclonale anti-CTLA-4 ipilimumab può essere associato con l’ipopigmentazione associata con il melanoma vitiligo-simile (MAH), solitamente asintomatico, che può essere gestito con la protezione solare e la copertura. Degno di interesse il fatto che lo sviluppo di MAH può predire una prognosi favorevole.
Circa un terzo dei pazienti che ricevono ipilimumab manifestano prurito, con o senza rash, che può influenzare in modo negativo la qualità della vita, ha ricordato ancora Kwong. I corticosteroidi topici e gli antistaminici topici o orali possono essere utili in questi pazienti.
Circa un quarto dei pazienti che ricevono ipilimumab presentano dermatite morbilliforme, che può manifestarsi come un rash maculopapulare simile a tipiche eruzioni da farmaci, o come un rash reticolare, eritematoso o edematoso. Tende ad essere più accentuato intorno ai nevi, e può riflettere una reazione immuno-mediata verso i melanociti. Può essere presente anche eosinofilia periferica. Il tempo mediano all’insorgenza della dermatite morbilliforme è circa 3-4 settimane, ma l’insorgenza è stata osservata anche 17,3 mesi dopo l’inizio del trattamento. Se viene osservata la dermatite morbilliforme, i dermatologi dovrebbero avvertire i loro colleghi oncologi, cosicché questi possano stare in guardia nei confronti di effetti immuno-mediati in altri organi. La gestione è grado-dipendente; a gradi più elevati può essere necessario continuare o cessare in modo permanente ipilimumab.
Circa la metà dei pazienti che ricevono inibitori anti-PD-1 (quali pembrolizumab e nivolimumab) hanno EA cutanei, la maggioranza dei quali sono di basso grado e iniziano tipicamente 2-6 mesi dopo l’inizio del trattamento. Fino ad un quarto dei pazienti manifesta una vitiligine collegata alla terapia anti-PD-1, che può avere un’insorgenza tardiva a distanza di un anno o più dall’inizio della terapia. Essa può essere gestita con protezione solare e copertura.
Un altro potenziale EA associato con gli inibitori anti-PD-1 è la dermatite lichenoide, ha detto Kwong. E’ possibile una varierà di presentazioni morfologiche, ma tutte sono decisamente costanti alla biopsia; infiltrato lichenoide, spongiosi e necrosi epidermica sono caratteristiche. E’ spesso accompagnata da prurito e viene gestita con corticosteroidi topici ad alta intensità, se necessario in forma topica per occlusione. Può anche colpire le membrane mucose della bocca, della vulva o di altri distretti corporei. La dermatite lichenoide ritardata può svilupparsi anche dopo la sospensione della terapia anti-PD-1, indicando la necessità di sorveglianza continua di pazienti che hanno ricevuto questi agenti. Altre complicazioni tardive possibili comprendono la malattia pustolosa autoimmune, la psoriasi de novo o il peggioramento di una psoriasi esistente.
In conclusione, Kwong ha ricordato che dal momento che tali nuovi agenti vengono usati in combinazione, possono insorgere nuovi pattern di EA cutanei associati con la terapia del melanoma.